sabato 19 aprile 2008

Live: Lightspeed Champion @ New Age Club, Roncade (TV)


E'un tiepido sabato sera di inizio aprile quando raggiungo il New Age, locale incastonato tra i capannoni della zona industriale di Roncade, paesino ad est di Treviso, per assistere allo show di Dev Hynes, alias Lightspeed Champion. Essendo una serata sponsorizzata dall'odiosa Nordkapp (che così tenta di spingere verso la musica indie anche quattro ragazzini con le Hogan ai piedi, di cui però, fortunatamente, stasera non si vede nemmeno l'ombra), in apertura si esibiscono due gruppi emergenti vincitori del concorso organizzato dalla suddetta marca d'abbigliamento: i Leggins sono i primi, tre ragazzi nemmeno ventenni che scopiazzano alla grande il suono "British" di Libertines ed Arctic Monkeys, in virtù anche di un cantante conciato esattamente come Alex Turner (scelta, immagino, tutt'altro che involontaria). A parte un paio di brani carini ma nulla più, lasciamo stare, e prepariamoci al disastro: i Wah Companion sono un altro trio, ma stavolta di quarantenni (se non d'anagrafe di certo d'aspetto)i cui testi sono profonde elucubrazioni sul significato della vita e delle conseguenze che essa..... Insomma: "io suono il pop/e faccio "uh-uh"" è il massimo che possono offrire. Attendiamo con impazienza l'uscita del comunicato stampa che ne ufficializzi lo scioglimento.
Fianlmente arriva il momento che tutti aspettavano: mentre il palco viene allestito in fretta e furia un omino (alias "Il Nostro Eroe") sale sul palco: indossa una camicia, una giacca ed un gilet di piumino, dalla cui tasca spunta "Monster" dei R.E.M.. In più, porta un paio di occhiali nerdissimi ed un cappello di pelo.
Nulla da dire.
Se non che al New Age fa caldo persino a dicembre.
Appena tutto è pronto, la band (Dev più un bassista ed un violinista-chitarrista assgiunto entrambi in tenuta da boscaiolo, nonchè una giovanissima batterista piuttosto graziosa)attacca con una sequenza da sogno: "Dry Lips", "Galaxy Of The Lost" e "No Surprise", trittico tratto dall'album di debutto, la gemma "Falling Off The Lavender Bridge" (su cui tornerò presto). La voce dell' angloamericano,la perizia dei musicisti e i simpatici siparietti tra una canzone e l'altra (spesso indecifrabili) mi fanno benedire la mia testardaggine, che mi ha confinto a sopportare i gruppi spalla senza fuggire dal locale. Seguono l'inedita "Marlene", un bel funk elettrico che troverà posto sul secondo disco, "Tell Me What Is Worth" e la nuova "Madame Van Damme", rintracciabile sul MySpace del gruppo. Devonte (il suo nome intero) fa la spola tra il piano elettrico posto in un angolo ed il centro palco, mentre per la prima parte del medley "All To Shit"/"I Could Have Done This Myself" canta addirittura suonando la batteria, mentre gli altri musicisti si scambiano gli strumenti. Ma non ho accennato alla passione sperticata del Nostro per "Guerre Stellari", che si manifesta con l'intro del brano successivo, la meravigliosa sinfonia brighteyesiana da dieci minuti "Midnight Surprise" (per l'occasione ribattezzata "Imperial Surprise"): ovvero proprio il tema principale della saga, che prelude ad un'esecuzione a dir poco ISPIRATA.
Ma, sebbene sembri tutto finito, poco dopo Dev torna sul palco per una rilettura dell'acustica "Heart In A Cage" degli Strokes, con una chitarra su cui spicca un enorme adesivo di "Star Wars" (appunto).
Saluti, applausi, e la serata è terminata al meglio. D'ora in poi qualcuno in più avrà scoperto l'incredibile talento di un ragazzo che a soli vent'anni ha già alle spalle un'esperiena ed una maturità compositiva pari a quelle di un quarantenne.

sabato 5 aprile 2008

Juno.


Dopo una lunga attesa, ieri è finalmente uscito anche in Italia “Juno”, il nuovo film di Jason Reitman (regista di “Thank You For Smoking”) che in patria ha scatenato un vero e proprio “caso” attorno a sé, alla pari di ciò che fece “Little Miss Sunshine” lo scorso anno.
Ambientata in una non precisata cittadina del Midwest, la pellicola narra la storia di Juno (magistralmente interpretata da Ellen Page, che per questo ruolo ha ricevuto una nomination all‘Oscar), un’adolescente irrequieta e senza peli sulla lingua che si trova all’improvviso a dover affrontare una gravidanza inattesa. La vediamo dunque far fronte ai timori del padre e della matrigna (che giustifica l’incidente affermando che “i giovani d’oggi si annoiano, e quindi fanno sesso”), considerare l’opzione dell’aborto, quella dell’adozione, affrontare il suo migliore amico Bleeker (Michael Cera), che è anche il padre, fino al temuto momento del parto.
Tutto ciò presentato in maniera diretta, senza eccessivi colpi di scena o scene troppo melense e fuori luogo, seguendo quel filo rosso che negli ultimi anni lega queste piccole “commedie d’ogni giorno”, affrontando temi scomodi come la gravidanza precoce utilizzando il tipico linguaggio adolescenziale e calandosi perfettamente nei panni della sedicenne che, alla fine, si trova a fare il “salto” dal nebuloso limbo dell’adolescenza all’età adulta. Merito della sceneggiatrice ed ideatrice del progetto Diablo Cody, blogger con un passato da spogliarellista che si districa benissimo tra i passaggi più rilassati e la tensione narrativa degli attimi più clou del lavoro, creando un ennesimo piccolo capolavoro indie made in USA destinato a valicare i confini del cinema “per pochi“.
Menzione d’onore, infine, anche per la bella colonna sonora, in parte affidata alla ex-Moldy Peaches Kimya Dawson e contenente, tra gli altri, brani di Buddy Holly, Mott The Hoople, Sonic Youth e Belle & Sebastian, perfetti per definire l’atmosfera del film.