giovedì 5 giugno 2008
Intervista: Evangelicals
Gli Evangelicals (da Norman, Oklahoma) sono già, alla luce di due dischi soltanto, una delle grandi promesse della costellazione dell’indie americano, grazie ad un pastiche sonoro che assimila psichedelia, melodie rarefatte, cantato in falsetto, ed occasionali sfuriate chitarristiche. In occasione dell’uscita del nuovo, splendido “The Evening Descends”, i Nostri si sono esibiti anche a Padova all’interno dell’annuale festival “Summer Student Fest”. L’occasione si dimostra buona per porre qualche domanda ai ragazzi.
M: salve ragazzi, innanzitutto grazie per aver accettato questa breve intervista.
Austin, batteria: figurati, grazie a te!
Todd, chitarra e tastiere: è un piacere.
M: innanzitutto, come sta andando il tour europeo e dove avete suonato finora?
A: molto bene, ci stiamo divertendo molto. E’ la prima volta che ci troviamo nel Vecchio Continente e si sta rivelando un’esperienza unica.
T: ci siamo esibiti in Svezia, Danimarca, Germania, Belgio, Olanda, Francia ed ovviamente qui da voi.
A: abbiamo avuto modo di fare quattro passi per la città oggi pomeriggio e devo dire che è molto carino qui.
M: Cosa mi dite delle origini della band? Quando e come vi siete formati?
A: ci siamo messi a suonare insieme circa tre anni e mezzo fa, ma Josh (voce e chitarra) componeva e registrava in solitudine già da un po’. Comunque, ci conoscevamo già tutti da tempo, fin dal liceo. Con l’uscita del secondo disco siamo stati raggiunti da Todd, con cui eravamo in contatto grazie ai molti contatti tra i musicisti dell’area di Norman.
M: di conseguenza mi viene da chiedervi: com’è la situazione musicale a Norman? Si può parlare di “scena”?
A: sicuramente sì, è tutto molto coeso ed unito, ci si aiuta il più possibile e questo fa bene a tutti.
E quali sono le vostre principali influenze musicali o perlomeno i vostri ascolti più frequenti? (domanda quantomai scontata, vi chiedo scusa)
A: Beh, direi Prince, Joni Mitchell….
Josh: Fleetwood Mac….
A: Marc Bolan…. In definitiva ascoltiamo davvero moltissima musica, ed è inevitabile che tutto ciò che ci piace influenzi in un modo o nell’altro il nostro sound.
M: E a proposito di questo, in molte recensioni siete stati paragonati ai vostri conterranei Flaming Lips. Cosa ne pensate, si tratta di un confronto che può reggere?
A: Senza dubbio, sono un’ottima band e mi considero un loro grande fan. Essere associati a loro mi fa piacere, è un’ottima cosa.
M: Siete stati spinti parecchio anche da Pitchfork, che ormai si può considerare una sorta di “Bibbia on-line della cultura indie”: cosa pensate in proposito?
A: E’ un sito fatto molto bene, e apprezziamo i loro pareri positivi su di noi, che ci permettono di farci conoscere in giro. Sono delle persone in gamba.
M: Avete in programma, finito il tour promozionale, qualche nuova uscita? Ci sono già dei pezzi pronti?
A: sì, abbiamo in pentola un nuovo disco, un singolone o forse un EP, di cinque o sei pezzi. Appena tornati a casa inizieremo a lavorarci.
M: dopo l’Europa, se non sbaglio, vi aspetta un tour americano. Avete già suonato a qualche festival?
A: sì, saremo in giro per gli Stati Uniti con i Frog Eyes e per le date conclusive anche con gli Shearwater, entrambe bands fenomenali. Si preannuncia come una cosa molto divertente!
T: all’inizio della primavera ci siamo esibiti al festival di Norman, mentre quest’estate saremo a Città del Messico.
Al termine dell’intervista discutiamo brevemente della scena indie americana dei giorni nostri. Todd mi chiede che altri gruppi si sono esibiti al festival prima di loro, e Josh domanda se ho già aggiunto il loro MySpace alla mia lista dei links, aggiungendo un fragoroso “cool!” dopo aver saputo il nome di questo blog. Mi salutano, già un po’ brilli, al grido di “American indie is better!” e dopo un’ora e mezza circa salgono sul palco (dopo gli opening di Gretel & Hansel e Don Vito e i Veleno) per un set di soli cinquanta minuti (bis incluso) che però sprigiona un’intensità ed una potenza rare, con un suono psichedelico e potente simile ad una colata lavica, con devastazione del palco finale. Dal vivo, il gruppo riesce a risultare molto più duro che su disco, ma altrettanto convincente, con pezzi originali e ben calibrati ed una presenza scenica ottimale, paragonabili in questo proprio ai Flaming Lips del quinquennio ‘83-’88. Senza dubbio tra qualche mese il loro nome sarà ancora più lanciato verso i lidi sacri della nuova musica statunitense. E i Nostri lo meritano appieno.
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